La Storia della Lucania

Liberamente tratto da "BREVE STORIA DELLA BASILICATA di Palma Fuccella


Fra il V ed il IV sec. a.C., intanto, frequenti fenomeni alluvionali avevano provocato il sollevamento della falda freatica e l' abbandono di molti centri abitati. Ma insieme a questo evento, sul finire del V sec. a.C., arriva qualcos'altro a turbare o a mutare i delicati equilibri delle popolazioni "enotrie" della regione: i Lucani. 
Quale sia l'origine di un nomen così devastante sul piano letterario, tanto da imporsi repentinamente e cancellare, nelle pagine degli storici del tempo, qualunque riferimento ai gruppi etnici precedenti, è difficile ancora stabilirlo. 
Di certo, rispetto alle ricerche ed alle testimonianze pervenuteci, si evince che i Lucani dovevano discendere dai Sanniti 
(genti italiche provenienti dal Molise e dalla Campania) a loro volta discendenti da una più antica unità etnica originatasi in un'area compresa fra le Marche e gli Abruzzi, ovvero i Sabini (Safinim in osco = Samnium). 
Fra le radici filologiche più accreditate del nomen lucano figura Luc che in sanscrito farebbe riferimento alla luce, così come nell'idioma latino e in quello delle genti sabelliche; ipotesi che trova conferma anche negli studi riguardanti le origini semite del nome, dove Luachan è lo splendido, il luminoso. 
Ma aldilà di tale attribuzione, ciò che resta ancora oscuro sono le modalità e le cause di questa massiccia immigrazione che, iniziata sul finire del VI sec. a.C., determinò una trasformazione profonda dell'identità etnica della Basilicata. Una delle ipotesi più credibili è quella che attribuisce la migrazione delle genti italiche all'urgenza di manodopera per l'agricoltura e l'artigianato, ma anche al mercenariato, sollecitato da una certa aggressività di questi popoli, votata al dio guerriero Mamars (Mamerte o Marte), 
credenza di cui offrono testimonianza i numerosi ritrovamenti delle necropoli e dei santuari lucani. 


Sopraffatte o pacificamente assorbite le popolazioni indigene, è proprio fra il VI ed il V sec. a.C. che si assiste alla crisi di molti nuclei abitativi antichi ed alla nascita di nuovi. 

Certo gli effetti dirompenti dell'azione espansiva di questo popolo si colgono nella conquista delle colonie greche di Poseidonia (Paestum) e Laos, città forti e ben difese ai tempi dell'occupazione lucana avvenuta tra il 421 ed il 389 a.C. Confidando in una indiscussa forza militare i Lucani si spinsero ripetutamente anche sull'altra costa, iniziando una serie di combattimenti contro le colonie greche dello Ionio: Thourioi, Heraclea, Metaponto e Taranto. 
A questa fase di espansione, compresa fra il V ed il IV sec. a.C., si fa risalire l'edificazione di alcuni importanti centri fortificati, situati sui rilievi e a guardia dei fondivalle, come Serra di Vaglio, Torretta di Pietragalla, Civita di Tricarico, Monte La Croccia, Torre di Satriano, Pomarico e, molto probabilmente, Grumentum. Nell'assetto urbano dell'abitato di Serra di Vaglio, in particolare, appaiono evidenti le trasformazioni sopraggiunte all'insediarsi dei Lucani i quali frazionarono le case in unità abitative più ridotte, proteggendole con una consistente cinta muraria. 

Coevi risultano, come dicevamo, anche la maggior parte dei santuari maggiori e minori della regione, fra cui Contrada 
Lentine di Civita di Tricarico, Serra Lustrante di Armento e il Santuario di Mefite a Macchia di Rossano, che diverrà un luogo di culto di rilevanza straordinaria. E proprio il ritrovamento di quasi cinquanta iscrizioni su pietra nei pressi del Santuario di Rossano ha reso possibile la ricostruzione del nucleo della vita materiale e religiosa dei Lucani, i costumi, le istituzioni e la lingua, quell'osco-umbro, comune ai popoli italici, mediato dall'alfabeto greco. 

La società lucana appare -senza per questo voler definire un quadro unitario, per altro insostenibile sul piano delle fonti- guidata da un'oligarchia molto ristretta ed estremamente ellenizzata, ben armata e difesa nei suoi insediamenti fortificati. Alla ricca e ristretta oligarchia, all'incirca nella seconda metà del IV sec. a.C., va ad affiancarsi una classe sociale intermedia alla quale si deve, in questa fase, il ripopolamento delle campagne (come testimoniano le numerose piccole necropoli ritrovate lungo la val d'Agri) e la costruzione di grandi fattorie a conduzione familiare, come quella di Moltone di Tolve.
Tale trasformazione avvenne in seguito all'estendersi di quei fenomeni di emancipazione, che avevano investito il paese dall'Etruria alla Sicilia ( dall'esperienza sibarita alla cacciata di Tarquinio nel Lazio ed alla riaffermazione del partito delle riforme "serviane"), che portarono al superamento delle società arcaiche; per questi stessi motivi, i Lucani dovettero affrontare la rivolta dei Brettii e accettarne la liberazione nel 356 a.C., in seguito alla quale si verificò la definitiva scissione del Bruttium dalla "Grande Lucania"


I complessi rurali sviluppavano un'economia basata su colture specializzate, come la vite e l'olivo. e gravitavano nell'area di importanti luoghi di culto (nel caso di Moltone di Tolve, il vicino santuario di Rossano), testimoniando una contiguità religiosa dei ceti aristocratici rispetto a quelli intermedi e l'importanza peculiare, nella vita sociale del tempo, di questi luoghi sacri, legati prevalentemente ai culti di fertilità femminili: Mefite Utiana a Rossano ed Hera Ilizia sul Sele. Ma accanto alle dee protettrici, i lucani, a quanto pare, celebravano il dio guerriero Mamertius, come si evince dagli ex voto rinvenuti a Rossano, nelle stesse stipi votive dedicate alla dea Mefite, così come in altri corredi tombali dell'epoca, ricolmi di schinieri, frammenti di elmi e cinturioni, armi e modellini di carri da guerra.


L' aggressività di questo popolo, che fondava la propria forza sull'adozione di tattiche militare mutuate dal mercenariato nelle città greche, costituì un pericolo costante per le colonie della costa ionica che, nonostante avessero formato una lega, con sede ad Heraclea (città fondata sul finire del V sec. a.C. presso l'odierna Policoro) dovettero più volte ricorrere ad aiuti dalla madrepatria.
Il modello delle città-stato che in un certo senso aveva determinato e governato gli equilibri politici dell'età arcaica, a causa delle spinte egemoniche provenienti da più parti, sul finire del IV sec. a.C. decadde, inaugurando una stagione di conflitti lunga e, sul piano delle alleanze, molto confusa.
La Basilicata, in questa fase, sarà in un certo senso vittima del fervore espansionistico dei Lucani, contemporaneamente costretti a difedersi dalle incursioni sannite a nord (di cui testimoniano le necropoli di Valleverde e Cappuccini di Melfi), dalle offensive dei Locresi e di Dionigi II - che dalla Sicilia tentava di estendere la sua egemonia nel Sud della penisola - e dall'avanzata di Archidamo di Sparta prima e di Alessandro il Molosso poi, venuti dalla madrepatria in difesa di Taranto e delle città della Magna Grecia.
Nel corso del III sec. a.C., gli effetti di questa prolungata fase di conflitti saranno devastanti spalancando le porte ad un lungo ed inesorabile processo di pauperizzazione della società, ben evidenziato dall'abbandono di gran parte degli insediamenti preesistenti. A questo impoverimento generalizzato aveva influito in maniera cospicua l'impegno dei Lucani su più fronti ed al fianco di alleati diversi, anche in veste di mercenari.