Nova Siri (MT)
lunedì 26 luglio 2010
La manovra economica è
sbagliata:
gli effetti nella nostra
Regione
sen. avv. Luigi Lusi
vice Presidente della
commissione Bilancio
Buona sera a tutti e un
grazie per questo invito
che mi onora e che mi fa
tornare in questa terra
a me tanto cara per
molte ragioni.
Nel salutare tutti i
presenti, ringrazio, fra
i tanti, il Circolo del
PD di Nova Siri e la sua
Segretaria, prof.
Filomena Bucello, e i
Colleghi Senatori,
Chiurazzi e Bubbico, che
ben avrebbero potuto, da
soli, vista la loro
autorevolezza,
affrontare il tema di
stasera.
Ma permettetemi di
rivolgere un caro e
affettuoso saluto ad una
persona che nella scorsa
legislatura, la mia
prima, io ho elevato a
mio personale Maestro,
dal quale apprendere
esperienza e bere
saggezza: il Presidente
emerito, Antonio Boccia,
Senatore che ci ha
guidato in Senato nella
durissima esperienza
delle scorsa
legislatura.
Venendo all’argomento di
stasera.Il Paese, gli
italiani, sentono di
essere nel mezzo di un
passaggio assai
difficile della loro
storia.
Ma sentono anche di
affrontare questo
passaggio senza guida.
Nessuno che oggi governi
questo nostro Paese è in
grado di dire agli
italiani qualcosa circa
il futuro che lo
aspetta.
Ma che cos’è questo se
non il compito di chi ci
governa?
Viste le condizioni
dell’Europa (Grecia,
Spagna, Portogallo), le
condizioni economiche
dell’Italia, noi, del
partito Democratico, non
abbiamo mai messo in
discussione né la
necessità della manovra
né la sua consistenza.
Abbiamo invece
giustamente insistito -
e continueremo a farlo -
sul fatto che questa
manovra finanziaria è
fortemente iniqua e
recessiva, destinata
com’è ad impoverire il
Paese di ogni
prospettiva di crescita
e di sviluppo.
Il confronto in
Commissione bilancio al
Senato ha visto un
Governo paralizzato
dalla paura: paura della
sua maggioranza,
innanzitutto: 2/3 degli
emendamenti eranon loro,
non nostri.
Il Governo ha scelto di
esorcizzare questa paura
premiando, innanzi
tutto, le spinte
corporative come il
salvacondotto per chi
non aveva pagato le
cosiddette “quote
latte”.
Hanno avuto paura del
confronto aperto con
l'opposizione.
Il Governo ha scelto di
accogliere qualche
proposta di
aggiustamento ma si è
sottratto al confronto
vero sulle scelte vere
di cambiamento.
Allora: ripristinano i
riposi compensativi dei
dipendenti pubblici
(generali, colonnelli e
così via) per la
partecipazione ai
convegni, ma la
riduzione strutturale
del prelievo IRPEF sulla
quota di salario da
contrattazione di
secondo livello, quella
no. Con tanti saluti
agli operai di
Pomigliano che rischiano
del loro e hanno
approvato il recente
accordo!
Direi di più: la
maggioranza ha avuto
paura del Paese e delle
istanze più innovative
che in esso si agitano:
- la riforma del
trattamento fiscale
degli affitti pagati e
percepiti per favorire
la mobilità dei fattori
sul territorio e
combattere l'economia
sommersa, no;
- il rinnovo della
detrazione del 55 per
cento per gli
investimenti delle
famiglie in risparmio
energetico, no;
- la ripubblicizzazione
dei segmenti della
filiera produttiva di
energia elettrica,
quella sì.
Avevano paura, direi,
della trasparenza anche
sui conti pubblici.
Solo un Governo forte e
autorevole, quale
l’attuale Governo
italiano sa ormai di non
essere, può rinunciare
al monopolio della
conoscenza in nome di un
bene pubblico superiore.
Solo chi è forte per sé
e in sé, e si sente
forte, è in grado di
rinunciare al monopolio
della conoscenza, in
nome della costruzione
di un soggetto che possa
dargli credibilmente
torto, garantendo a
tutti gli operatori, a
tutti i soggetti, a
tutti gli osservatori
internazionali
l'affidabilità e la
credibilità dei conti
pubblici.
Se qualcuno pensasse che
io stia esagerando, lo
prego di andarsi a
rileggere i resoconti
della Commissione
bilancio: sono resoconti
sommari, dunque non ci
vuole nemmeno molto
tempo. I
Il Governo risulta
silente su ogni
questione, con l'aria di
chi non sa o non può
dire.
La maggioranza parla
solo per bocca del
relatore, oppure
illustra con
autorevolissimi suoi
esponenti emendamenti
che, se approvati,
disegnerebbero una
manovra totalmente altra
rispetto a quella del
Governo; soluzioni e
interventi che sono
parte essenziale del
programma del Popolo
della Libertà che,
proposti al voto
dall'opposizione,
vengono respinti – fate
attenzione: dalla stessa
maggioranza che li
propone - con il solo
argomento che non
sarebbe questa la sede
giusta per la loro
soluzione.
Ma vorrei guardare
all'iniquità di questa
manovra, alla sua
straordinaria povertà di
effetti nel futuro, al
suo essere tutta
circoscritta all'oggi, a
questo momento, priva di
qualsivoglia opportunità
per il futuro, parlando
della questione
riguardante i ragazzi e
le ragazze di questo
Paese.
Non c'è una misura, in
questa manovra, che
riguardi le giovani
generazioni, i ragazzi e
le ragazze italiane.
Eppure, nel 2009, il 63%
dei posti di lavoro
persi è riconducibile a
lavoratori dipendenti a
termine, collaboratori a
progetto: ragazzi e
ragazze,
tendenzialmente.
Nella fascia di età tra
i 19 e i 29 anni, la
perdita di occupati ha
raggiunto il 79% della
flessione complessiva
portando il tasso di
disoccupazione giovanile
in Italia al 25,4%: una
percentuale che è più
del triplo del tasso di
disoccupazione nazionale
e molto al di sopra di
quello europeo (che è
del 19,8%).
Abbiamo presentato i
nostri emendamenti:
discussi e serenamente
bocciati.
Ma dopo averli bocciati,
non v'è traccia alcuna
in questa manovra di una
misura riguardante i
giovani italiani.
Quello che torna,
invece, è di nuovo la
pistola in mano alle
Regioni ricche: ai
cittadini delle Regioni
più povere e in
difficoltà toccherà,
ancora una volta, pagare
il prezzo più alto.
Così, alle donne
italiane, con i tagli
alle Regioni e ai
Comuni, vengono tolti
servizi indispensabili
per rendere tollerabile,
sostenibile, mettere
insieme il lavoro di
cura della famiglia e
dei figli con il lavoro
all'esterno della
famiglia visto che un
solo stipendio, da
tempo, non è più
sufficiente per nessuno
.
Il Paese ha bisogno
della miglior politica
per essere guidato nella
difficile azione di
superamento dei due pesi
che ne ostacolano la
corsa:
- il debito pubblico
troppo elevato e
nuovamente crescente, a
causa dell'azzeramento
dell'avanzo primario,
che ci eravamo impegnati
a mantenere sopra il 3
per cento per tutti gli
anni successivi
all'ingresso nell'euro,
e
- la produttività dei
fattori e del lavoro, in
crescita stentata
ininterrottamente da 15
anni.
Il Gruppo del Partito
Democratico in
Commissione bilancio ha
prima delineato nelle
sue linee essenziali e
poi tradotto in una
ventina di emendamenti
fondamentali - quelli
che contano davvero -
una linea di intervento
sui problemi del Paese:
tanto rigorosa
nell'aggiustamento dei
conti quanto coraggiosa
nella promozione del
cambiamento necessario
per rilanciare la
qualità e la quantità
dello sviluppo.
Quattro sono i capisaldi
essenziali che qui
richiamo solo per cenni
per non tediarvi troppo.
In primo luogo, diciamo
sì a una maggiore
disciplina fiscale dei
bilanci nazionali degli
Stati membri dell’Unione
europea, secondo il
modello proposto dal
Governo tedesco, a patto
che quest'ultimo accetti
di costruire
contestualmente sedi e
strumenti europei per
una politica fiscale,
economica e di gestione
del debito pubblico.
In Germania, all'interno
di una manovra
rigorosissima - forse,
anzi certamente, più
rigorosa di quella che
qui si sta facendo -
hanno inserito politiche
per lo sviluppo, per la
crescita.
Una sola - ripeto, una
sola per tutte - che
riguarda ancora una
volta le giovani
generazioni: lo studio,
la formazione, la
ricerca, con un vincolo
addirittura alle Regioni
del 10 per cento della
spesa destinata a questo
fine.
In secondo luogo, la
corsa sfrenata della
spesa corrente primaria
della pubblica
amministrazione va
assolutamente fermata:
subito, costi quel che
costi.
Questa è all'origine sia
dei problemi di
efficienza del Paese
(spendiamo come e più di
altri per assicurarci
prestazioni essenziali
come giustizia,
sicurezza, ordine
pubblico, ma otteniamo
molto meno degli altri)
sia degli abissi di
disuguaglianza che ci
caratterizzano.
Ora, noi abbiamo
dimostrato che c'è un
altro modo rispetto a
quello scelto dal
Governo per abbattere la
spesa corrente:
- valutazione dei
risultati,
- definizione di precisi
obiettivi di medio-lungo
periodo su basi
comparative,
- responsabilizzazione
dei dirigenti politici e
amministrativi,
- premi per chi merita e
- durissime
penalizzazioni per chi
non è capace di fare il
suo mestiere.
Senza guardare in faccia
nessuno e senza
accettare ricatti da
nessuno!
In terzo luogo, bisogna
restituire ai
contribuenti leali
almeno metà del gettito
riveniente dalla lotta
all'evasione fiscale,
scegliendo tra i
contribuenti secondo il
punto di vista di chi
vuole al tempo stesso
più efficienza, più
libertà e più
eguaglianza.
Abbattere le aliquote
IRPEF sui redditi da
lavoro delle donne, e
giù di parecchio: è una
delle migliori scelte
possibili a questo
proposito.
In quarto luogo, è
necessario procedere
all'apertura dei mercati
chiusi per fare posto
alla concorrenza e al
merito, senza i quali i
nostri giovani hanno un
destino privo di futuro
e di dignità.
Anche su questi aspetti
abbiamo sfidato il
Governo e la maggioranza
a fare finalmente sul
serio, a puntare al
bersaglio grosso, a
cercare di agguantare
una volta tanto
l'arrosto, non
accontentandosi del
profumo.
Questi sono alcuni
tratti della politica di
bilancio ed economica
che il Partito
Democratico ha proposto,
come dimostrano gli
emendamenti che abbiamo
presentato, e di cui
tutti si possono rendere
conto.
Altro che “muro di no” e
rifiuto del rigore
fiscale di cui parla il
Presidente del
Consiglio!
Distorcere il senso
delle proposte
dell'avversario è sempre
- sempre - segno di
debolezza, e il
Presidente del Consiglio
oggi, purtroppo per il
Paese, è molto debole.
Noi abbiamo detto che
una manovra è
necessaria, che la
correzione netta di 25
miliardi - 15 da minori
spese e 10 da maggiori
entrate - è
sostanzialmente
corretta.
Abbiamo però aggiunto
che così è gravemente
insufficiente per il
rilancio delle nostre
capacità competitive e
per garantire un
adeguato livello di
coesione sociale in un
Paese che, tra quelli
dell'OCSE - 30 Paesi,
tra cui Turchia e
Messico, per citare
Paesi che non sono
esattamente molto
sviluppati - si colloca
per livello di
disuguaglianza al quinto
posto, preceduto
soltanto dalla Polonia,
dal Messico, dalla
Turchia e dagli Stati
Uniti d'America.
Poi veniamo noi, un
grande Paese che sta
nell'Europa, dove c'è il
modello sociale europeo.
Per livelli di
disuguaglianza siamo
recordmen non solo in
Europa, ma
tendenzialmente tra i
Paesi sviluppati nel
mondo.
Per questo, abbiamo
proposto di portare la
manovra lorda a 30
miliardi, con altri 5
miliardi di risparmi
realizzati secondo quel
metodo di intervento che
ho prima descritto.
Abbiamo proposto di
usare i 5 miliardi
rivenienti da questa
operazione per ridurre,
esattamente della stessa
cifra, la pressione
fiscale sui contribuenti
leali.
Abbiamo avanzato la
proposta della riduzione
dell'IRPEF sul reddito
da lavoro delle donne,
che ha come alternativa
praticabile, se la
maggioranza avesse
scelto questa strada,
l'eliminazione del 50
per cento del costo del
lavoro dalla base
imponibile dell'IRAP.
Nella campagna
elettorale per le scorse
politiche, la Destra
voleva abolire l'IRAP:
sapevano di prendere in
giro gli italiani!
Noi in questa manovra
abbiamo dato la
possibilità di fare, non
la cosa assurda che
avete proposto, ma una
cosa seria: ridurre in
maniera significativa il
costo del lavoro dalla
base imponibile
dell'IRAP.
Il Governo ha detto no
su tutto e si è chiuso a
riccio.
Ci è sembrato che non
solo la Destra ma il
Governo in generale
abbia guardato poco al
futuro, come se
nell’orizzonte
dell’attenzione
nazionale ci fosse
spazio soltanto per
quello che potrebbe
accaderci qui e ora.
Nei prossimi mesi, ogni
Paese dovrà presentare a
Bruxelles il primo
“programma nazionale di
riforme”, articolato sul
prossimo decennio.
Esso dovrà contenere
concreti impegni su
obiettivi e strumenti di
una serie di politiche
economiche e sociali.
Ecco un’occasione di cui
l’Italia, in questo
momento di miopia
collettiva, ha
particolarmente bisogno.
L’intero Governo,
Presidente del Consiglio
in testa, dovrebbe
impegnarsi per fare di
questa occasione non un
adempimento burocratico,
ma un momento
approfondito e condiviso
per spingere la società
italiana a lavorare sul
proprio futuro.
Austerità e rigore sono
parole che hanno un
suono e hanno avuto un
significato per la
storia di questo Paese
quando venivano
pronunciate da persone
come Carlo Azeglio
Ciampi, Mario Monti.
Oggi assistiamo allo
spettacolo indecoroso di
personaggi strani, di
gente che ciascuno di
voi, io credo, avrebbe
difficoltà ad incontrare
anche solo per un caffè,
e che vengono
accreditati per
influire, condizionare,
suggerire, telefonare,
spingere, pressare sulle
più alte cariche dello
Stato, sui massimi
dirigenti della
magistratura italiana,
sul Consiglio superiore
della magistratura,
sulla Corte
costituzionale.
senatore Luigi Lusi
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