IL CINEMA MODERNO |
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Verso il
1960
l'industria cinematografica attraversò un periodo di crisi: negli
Stati Uniti
subiva sia la concorrenza della
televisione,
sia il ricambio generazionale, ormai esaurito il boom di giovani
nati immediatamente dopo la fine della guerra, insieme ad una serie
di fattori contingenti che vedevano l'America aumentare il reddito
pro capite, e l'industria impegnata a sedentarizzare la popolazione
con intrattenimenti casalinghi; con i giovani registi che imponevano
nuovi requisiti stilistici ai generi in voga. Anche in Europa le
case di produzione, ancorate ad un sistema di generi consolidato che
fino ad allora aveva dato buoni frutti, stentavano ad assecondare il
cambiamento. Iniziarono perciò ad affermarsi alcuni nuovi registi
indipendenti, già agguerriti critici cinematografici, come
François
Truffaut con il suo
I quattrocento
colpi,
Alain Resnais
con
Hiroshima mon
amour e
Jean-Luc Godard,
che trovarono nel neonato
Festival di
Cannes un punto d'incontro e di
discussione. Film come Easy Rider girati con budget bassi e che fecero registrare incassi inimmaginabili illuminarono anche le major che poco a poco iniziarono a lasciar perdere le restrizioni stilistiche del Codice Hays che imponeva un codice morale rigido al di fuori del quale i film non venivano prodotti. Semplicemente si resero conto che le nuove generazioni, contrarie alle politiche americane di perbenismo ed espansionismo ipocritamente mascherato, volevano sentir parlare esattamente di quello che era censurato dalla produzione Gli indipendenti nel frattempo, fuori dagli schemi imposti dalle grandi case cinematografiche, girati con pochi mezzi ma con grande conoscenza del mezzo cinematografico, si rifacevano ad alcune esperienze di avanguardia del periodo classico, come i film del neorealismo italiano, di Sergej M. Ejzenstejn e di Orson Welles: in quelle opere erano già state sperimentate gran parte delle tecniche narrative di cui il nuovo cinema (soprattutto europeo) si stava ora servendo. |
Oltre le tematiche la differenza più
evidente fra il cinema classico, soprattutto americano, e il cinema
moderno, è che mentre il film classico americano è pensato
realizzato affinché lo spettatore "viva" la storia in modo continuo,
immedesimandosi completamente e perdendo il più possibile la
consapevolezza della finzione grazie ad un montaggio accurato e
senza sorprese, nel cinema moderno allo spettatore non si chiede di
annullarsi nella storia, bensì di essere sempre presente e
conservare un certo distacco, interpretando ed elaborando quel che
vede: esiste cioè la volontà di far capire che ciò che si sta
guardando è una costruzione, una finzione. A questo scopo il montaggio è a bella posta discontinuo, sincopato e sovente evita di tagliare i tempi morti della storia, che dal canto suo tralascia di spiegare ogni dettaglio di quel che accade. Può capitare che gli attori guardino direttamente nell'obiettivo della cinepresa, cosa vietatissima nel cinema classico, come accade regolarmente nel cinema di Jean-Luc Godard, Federico Fellini o, in tempi più recenti, in Pulp Fiction di Quentin Tarantino. |