Gli attuali limiti del cinema digitale sono invece a monte e a valle del processo di acquisizione delle immagini. Le telecamere HD (High Definition) non offrono ancora la stessa risoluzione del negativo fotografico, hanno una eccessiva profondità di campo, la latitudine di posa va da 8 a 11 stop (contro gli 11 - 12 delle emulsioni negative).

Per quanto riguarda la proiezione, invece, sorgono altri problemi. V'è da notare, innanzi tutto, che l'altissima risoluzione del negativo originale viene perduta durante i vari passaggi (internegativi e stampa del positivo finale), sì che la risoluzione della copia da stampa non supera i due milioni di pixel. Con queste premesse gli attuali videoproiettori con tecnologia Digital Light Processing (DLP) dovrebbero poter reggere il confronto con la proiezione meccanica della pellicola 35 mm. I più sofisticati videoproiettori utilizzano tre microchip DMD (Digital Micromirror Device) per il controllo dell'immagine.

All'interno di ogni DMD sono montati dei microspecchi capaci di oscillare indipendentemente gli uni dagli altri, così da riflettere i tre colori primari della luce (verde, rosso e blu) e formare sul grande schermo le immagini cinematografiche. Ogni microspecchio è grande circa un quarto della sezione di un capello umano. Se si pensa che queste macchine impiegano matrici la cui risoluzione è di 1920 righe verticali per 1080 orizzontali pari 2.073.600 pixel (questo standard è detto a 2K in rapporto alla risoluzione orizzontale, ma sono già in arrivo matrici a 4K pari 3840 x 2048 pixel) è facile concludere che l'immagine chimica sia già stata surclassata. Ed invece non è così: il "look and feel" della proiezione tradizionale risulta ancora superiore a quella digitale in tutte le proiezioni comparative che sono state effettuate. Le ragioni sono intrinseche alla proiezione tradizionale e non sono misurabili solo in termini di definizione pura.

Com'è noto, durante la proiezione vengono offerte allo spettatore 24 immagini per secondo. Nella proiezione digitale ogni informazione dell'immagine ha una posizione costante, essendo generata sempre dallo stesso pixel, il quale muta continuamente il suo stato. Nell'immagine chimica, invece, la disposizione dei singoli cristalli di alogenuri di argento è casuale, sì che le informazioni che si succedono al ritmo di 24 per secondo non hanno una posizione costante: la struttura della grana, in altri termini, è dinamica, mentre quella della matrice è statica. Dunque il confronto tra le due forme di acquisizione delle immagini è molto complesso e non valutabile solo in termini di risoluzione pura.

A ciò si deve aggiungere che non soltanto il cinema digitale sta compiendo progressi: anche le aziende produttrici delle pellicole stanno investendo soldi ed energie per proporre al mercato pellicole con un potere risolvente sempre maggiore. Si pensi che le attuali pellicole da stampa hanno un potere risolvente doppio a quello che avevano quindici anni fa. Nello stesso tempo anche i negativi appaiono sempre più sofisticati e ben al di sopra dei limiti fisici delle ottiche (limiti che valgono anche le acquisizioni digitali).

I proiettori meccanici, infine, pure continuano ad essere oggetto di migliorie utili all'aumento del contrasto e della definizione: si pensi alla trazione diretta elettronica per la guida intermittente dell'alberino di precisione - in luogo della tradizionale croce di malta - trazione la quale elimina l'onda di immagine verticale, con conseguente aumento della stabilità dell'immagine, del contrasto e del fuoco.

Allo stato attuale, dunque, non appare così vicino il giorno in cui tutti i film siano girati e proiettati con tecniche digitali. Per ora i due sistemi sembrano, invero, ben collaborare, considerato che l'elaborazione digitale delle immagini viene adoperata in tutta la fase intermedia tra l'impressione del negativo e la stampa del positivo da proiezione (c.d. Digital Intermediate, abbreviato in "DI"). In estrema sintesi, questa è l'attuale lavorazione tipica di un film:

  • . sul set si provvede alla ripresa delle immagini per mezzo di una cinepresa tradizionale;
  •   il trasferimento del materiale girato tramite telecinema dei giornalieri avviene come per il procedimento tradizionale
  • . i negativi originali delle scene scelte vengono scanditi ad alta definizione (2k) per poi essere subito archiviati e  
  •   conservati;
  • . tutto il processo di finalizzazione e post-produzione avviene per mezzo di appositi computer dotati di grande potenza
  •   di calcolo;
  • . la sequenza di file risultante viene trasferita su un unico negativo tramite una film recorder;
  • . il negativo o intermediate così originato viene impiegato per ottenere gli interpositivi ed internegativi necessari per la
  •   produzione in serie delle copie per proiezione.

In linea teorica, questo sistema potrebbe consentire di ottenere una copia da proiezione con una risoluzione pari a quella del negativo originale (4k); tuttavia, considerato che per motivi di costi si preferisce scandire il negativo con una risoluzione pari a 2k, tale ultimo valore è quello massimo ottenibile dal negativo destinato alla produzione delle pellicole per la proiezione, le quali avranno, a loro volta, una risoluzione leggermente inferiore (ogni processo di copia ottica porta ad una perdita di risoluzione); valore in ogni caso superiore a quello che si otterrebbe se alla copia finale si arrivasse facendo ricorso a copie intermedie analogiche.